Sono arrivati in mille rompendo il silenzio mediatico di questi giorni, imbracciando striscioni, cartelloni e alcune “tende” simboliche. No, non sono esponenti dell’opposizione ne tanto meno i partecipanti del gay pride. Sono gli sfollati dell’Abruzzo, infuriati contro il governo proprio nel giorno in cui si vota per il ddl sull’Abruzzo. E’ successo ieri a Roma, davanti a Montecitorio, dove i manifestanti hanno voluto far sentire le loro ragioni, da settimane nascoste dietro copiosi spot elettorali nei tg nazionali che hanno dipinto l’Abruzzo come una regione dove i problemi sono finiti, si fa già festa e il governo ha vinto la sua sfida.E’ stata dunque una sorpresa per molti italiani trovare sulle pagine online dei quotidiani nazionali, o nei servizi di alcuni tg, le immagini dei cittadini d’Abruzzo arrabbiati contro il premier e l’esecutivo. Che qualcosa non andava lo si era già intuito dalle elezioni amministrative. Nonostante la vittoria schiacciante del Pdl su una sinistra che nel suo passato in regione soffre la pesante eredità di Del Turco (arrestato per lo scandalo nella sanità), il dato più importante è stato quello sull’astensionismo. Il 38% degli abruzzesi ha disertato il voto.Dal corteo si sono alzati cori come «Buffoni, buffoni!», «Vergogna, vergogna!» o «Queste tende sono per te, Berlusconi: vieni a vivere con noi». Anche striscioni mostrati non lasciano spazio a fraintendimenti: «Case a settembre? Ma chi sci? Meggaiver?», «Gli sfollati vi aspettano al G8», «Yes, we camp, grazie Silvio», «99 fontane, 99 chiese, 99 calci nel culo». «Verità e giustizia. Comitato familiari vittime della casa dello studente».
Massimo Cialente e Stefania Pezzopane, rispettivamente sindaco e presidente della Provincia dell’Aquila, sono stati ricevuti da Gianfranco Fini per un colloquio a margine della protesa. All’uscita dal breve incontro il sindaco dell’Aquila ha tuonato ai giornalisti: «In questo momento ci sentiamo umiliati e traditi dal governo. E’ la prima volta che viene fatta una distinzione tra case di residenti e di non residenti in un caso di calamità naturale. Se il governo non cambia strategia la ricostruzione della città non ci sarà, ci saranno solo le 15mila casette. E questo significa la morte dell’Aquila, che sarebbe una sconfitta per il Paese».
Lanfranco Tenaglia, parlamentare del Pd presente alla manifestazione, alla luce del presunto “blackout” del tg1 che ha “costretto” la redazione a mandare in onda un servizio di tutt’altro contenuto, ha dichiarato che «Nel giorno in cui si sta svolgendo la marcia degli sfollati delle tendopoli dell’Aquila, conclusa con un sit-in a Montecitorio, il Tg1 sceglie di parlare del terremoto in Abruzzo con un servizio sulla ricostruzione della Casa dello studente, certamente una buona notizia ma riferita con stile celebrativo, e con tanto di intervista, al presidente della regione Lombardia Formigoni. Gli avvenimenti in corso a Roma sono stati invece del tutto ignorati». Insomma, le popolazioni vittime di questa terribile tragedia vogliono garanzie, non chiacchiere. Le promesse elettorali del premier, presente a L’Aquila un giorno si e l’altro pure, hanno dato speranza a persone che hanno perso tutto. Ma con la speranza non ci si protegge dall’acqua, dai disagi e da future quanto probabili scosse sismiche. I cittadini abruzzesi chiedono che siano rispettate quelle promesse e che si trovino i fondi per far fronte all’emergenza. Basta chiacchiere.
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